martedì 24 aprile 2012

- Col Bacco recensisce.... The history boys.




Titolo: The Hostrory Boys
Di Alan Bennett
con Elio De Capitani, Ida Marinelli, Gabriele Calindri, Marco Cacciola,
Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Loris Fabiani,
Andrea Germani, Andrea Macchi, Alessandro Rugnone, Vincenzo Zampa




Inghilterra. 1980. Otto ragazzi al loro ultimo anno di liceo, un professore dalle strane tendenze, un preside esuberante, Dorothy, un’insegnante rassegnata. Cosa potrà mai turbare una situazione tanto tranquilla?
Basta un piccio del preside Felix, deciso a far accedere i suoi studenti ai migliori college inglesi, Cambridge e Oxford. Egli assume un nuovo professore, rwin, che sconvolge i poco tradizionali metodi del professor Hecktor e li mette in discussione, orientando le sue lezioni più sui programmi ministeriali e sui test d’ingresso per le prestigiose università. Da qui in poi nascono conflitti fra i due insegnanti e confusioni fra gli studenti che non sanno quale metodo d’insegnamento seguire, oltre che avere altre questioni tipiche adolescenziali per le loro teste. Amicizia, rapporti sessuali, futuro, famiglia sono alcune delle tematiche che più spesso ricorrono durante lo spettacolo e su cui i protagonisti riflettono. Infatti, nonostante lo spettacolo sia ambientato in un contesto diverso da quello a cui sono abituati gli studenti italiani, le piccole vicende fra compagni e i rapporti con i professori offrono insegnamenti che superano qualsiasi confine geografico e toccano lo spettatore di qualsiasi età nel profondo.
- Col Bacco

-Col Bacco recensisce.... Corsia degli incurabili.


Titolo: Corsia degli incurabili
Di Patrizia Valduga
Compagnia: Teatro di Dionisio
Regia di Valter Malosti
Con Federica Fracassi
Genere: Teatro di poesia
Durata: Un'ora e dieci minuti














Una Federica Fracassi in veste del tutto diversa dallo spettacolo “Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, ho 250 euro al mese”, che rimembra l'agonia di una poetessa incurabile . Urla, spasmi e attimi di
sgomento inondano la Casa Cava. Una lampadina ad intermittenza, una sedia a rotelle, giochi di luce e rumori inquietanti costituiscono la scenografia di “Corsia degli incurabili” scritto e diretto da Patrizia Valduga.
Lampi scenici e stridori introducono la Poetessa agli spettatori. Un interminabile monologo colmo di esuberante angoscia, rimpianti di gioventù e invidia bruciante per il mondo che continua a scorrere. Diverse climax s'intersecano tra loro per esplodere in esclamazioni violente che arrivano a sfociare in bestemmie. Una malattia morale sì, ma anche un retrogusto di denuncia verso la malasanità della quale tanta gente ne è vittima impotente: “...i giovani vengono solo per stare apposto con la coscienza”

- Col Bacco

- Col Bacco recensisce.... "Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese"


Federica Fracassi

Titolo: Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese.
Di Aldo Nove
Teatro i
Drammaturgia di Federica Fracassi, Renzo Martinelli, Aldo Nove
Progetto, regia e scene di Aldo Martinelli
Musica dal vivo di Guido Baldoni
Genere: teatro contemporaneo
Durata: Un'ora e dieci minuti senza intervallo


Nonostante venga ripetuta ogni giorno da tutti i programmi televisivi che parlano di politica, da tutte le stazioni radiofoniche, da tutte le testate, la parola precariato non è mai stata analizzata con tanta esattezza quanto da Federica Fracassi e Guido Baldoni nello spettacolo “Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese”. Sul palco della suggestivissima Casa Cava hanno presentato i mille aspetti di questa realtà, il precariato, raccontando delle storie vere, raccolte da Aldo Nove nell'omonimo libro (Einaudi - 2006), sul quale è basato lo spettacolo. 
Con molta ironia e brio sono state descritte le terrificanti esperienze di persone comuni che, come lo potrebbe essere un parente o un conoscente di chiunque, hanno perso il lavoro, o non sono mai riusciti a trovarne uno fisso, o si sono perse nel mare di illusioni e di speranze formatosi nei primi anni seguenti il diploma. Nei panni di una potenziale modella di provincia, di un pastore sardo, di una giovane lavoratrice a progetto, viene raccontata crudamente una realtà che già da molti anni affligge la società italiana, ma che solo ultimamente sta venendo affrontata. La situazione precaria in cui si trovano molti giovani come anche molti adulti non è uno stato che colpisce l'individuo solamene nell'ambito lavorativo, ma anche in quello personale: influenza l'animo di una persona, la sua intera esistenza. L'essere umano già di per sé nasce precario, e può trovare certezze e stabilità nel lavoro e nell'occupazione; ma se questo lavoro non c'è? Per questo quello del precariato è un problema che va risolto da tutta la comunità e per la comunità stessa. Esso coinvolge tutti, interessa le generazioni passate, presenti e soprattutto future, e vincerlo è uno dei grandi progressi che l'Italia deve fare per superare la crisi che grava sulle nostre spalle in questi ultimi tempi.

- Col Bacco 

sabato 7 aprile 2012

- Col Bacco recensisce.... " Romeo&Giulietta" - ATIR Milano



Titolo: Romeo e Giulietta
Compagnia: ATIR
Di William Shakespeare
Traduzione di Salvatore Quasimodo
Scene: Maria Spazi
Luci: Alessandro Verazzi
Regia: Serena Sinigaglia
Con Marco Brinzi, Mattia Fabris, Stefano Orlandi, Carlo Orlando,
Fabrizio Pagella, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna,
Chiara Stoppa, Sandra Zoccolan
Genere: Tragedia
Durata: 2 ore e 40 minuti
ESCLUSIVA SUD ITALIA


“Oh Romeo Romeo perché sei tu Romeo!?
Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti.”

Arianna Scommegna e Mattia Fabris..

Pur nell’interpretazione inusuale c’erano degli squarci in cui l’autenticità del testo classico e la sua interpretazione riportavano soprattutto coloro che sono abituati ad una messa in scena tradizionale all’originale Shakespeare facendoli sentire quasi a casa.
E’ anche vero però che queste variazioni che punteggiavano l’intero spettacolo, potrebbero costituire degli espedienti per avvicinare il mondo di Romeo e Giulietta alle nuove generazioni.
Uno dei punti di forza dello spettacolo è l’abile utilizzo del gioco di luci e colori,
che richiama l’arte di Bill Viola.
Due file di tende colorate dalle luci rossastre, pieghe di un letto pieno d’amore, accurati giochi di ombre e efficacia nel comunicare romanticità, decorano le scene più intime.
Gli attori, gli stessi ragazzi della compagnia Atir di dodici anni fa, dall’immutata passione per Romeo e Giulietta ci hanno raccontato di come i movimenti dello spettacolo fossero radicati nel loro stesso fisico, quasi automatici.
Oltre a questi spiccava un certo “Ginger” che da spettatore dei tempi si è ritrovato ad interpretare Mercuzio.
Improponibili le canzoni contemporanee “ modalità copia e incolla”, probabilmente finalizzate a coinvolgere di più il pubblico, che alla fine hanno conferito alla scena intera un senso di degrado.

- Col Bacco

-Col Bacco intervista.... gli spettatori di "Educazione Fisica"

sabato 17 marzo 2012

- Col Bacco recensisce.... "Educazione Fisica"

Educazione Fisica - CRT
Titolo: Educazione Fisica
Di: Manuela Lo Sicco e Sabino Civilleri
Con:  Enrico Ballardini, Alice Conti, Giulia D'imperio, Daniele Giacomelli,Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Dario Muratore, Chiara Muscato,Quinzio Quiescenti, Alessandro Rugnone, Francesca Turrini,Marcella Vaccarino, Gisella Vitrano
Genere: Teatro Contemporaneo
Durata: Un'ora senza intervallo


Dove sono i limiti della perfezione? dove può arrivare la pazzia del crearla?
Unificare un ideale, far sgretolare personalità, distruggere valori fondamentali: " Questa è Educazione Fisica, non libertà". E' la storia di un modero "Waldman"*, poiché sostituisce un "Si può fare!" con un "If you can't then you must!" e offre ai suoi ginnici un modello di perfezione esortandoli al raggiungimento dell'Impossibile. Gli stessi oppressori erano oppressi dalla follia del gioco coperti dalla divisa della vittoria che dava potere eliminando qualsiasi forma di razionalità. E lì, all'angolo di quel palco-palestra, quasi come un Big Brother rideva la Pianta, l'unico essere vivente rimasto razionale di fronte a cotanta pazzia degli stolti uomini. I magnifici del "Waldman"* del Basket riescono allora a trovare il vero limite della perfezione: la Distruzione completa ed esaudiente.



*Professore di Frankenstein celebre per la frase "Si può fare!"


- Col Bacco

-Col Bacco intervista.... gli spettatori di "Questi Fantasmi!" con Carlo...

venerdì 16 marzo 2012

- Col Bacco segue.... l'arrivo e l'intervista di Carlo Giuffrè!

- Col Bacco recensisce.... Questi Fantasmi!


Pasquale Loiacono (Carlo Giuffrè) parla con il professor Santanna.
Titolo: Questi Fantasmi!
Di: Eduardo De Filippo
Regia: Carlo Giuffrè
Con: Carlo Giuffrè, Maria Rosaria Carli, Antonella Cioli, Paolo Giovannucci,  Antonella Lori, Piero Pepe, Claudio Veneziano
Genere: Commedia
Durata: Due ore con intervallo








Se una sola scena potesse  rappresentare il teatro italiano probabilmente in molti sceglierebbero quella cui abbiamo avuto il privilegio di assistere grazie a una perla della prestigiosa  stagione “Extraordinario” e col valore aggiunto della grandiosa interpretazione di un mito vivente del  palcoscenico come Carlo Giuffrè: Pasquale Loiacono che racconta dal balcone al professor Santanna, “anima utile che non compare mai”, forse personaggio, forse ognuno di noi dal pubblico, tutta la ritualità della preparazione del caffè come si fa a Napoli. Ancora una volta , come in ogni rappresentazione di  Eduardo De Filippo, le assi del palcoscenico e una scenografia bastano a rappresentare un mondo che nasce da Napoli e finisce con il vestirsi di carattere universale .  E il racconto di una vicenda ambientata in un appartamento di un palazzo del seicento in cui un personaggio sconfitto dalle vicende della vita per amore di sua moglie si lascia raggirare dagli eventi (un presunto fantasma che poi è l’amante di sua moglie)  perché questa è l’unica risorsa che possa salvare  il suo matrimonio,  diventa storia di tutti quegli uomini che , come ultimo tentativo di riscatto da una esistenza costellata di fallimenti, si fanno capaci anche di cedere alla umiliazione di implorare di essere  preso in giro . Perché, diceva Eduardo,  “ I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili.”

 - Col Bacco

-Col Bacco intervista.... Le sorelle d'Italia! (Isa Danieli&Veronica Piv...

venerdì 9 marzo 2012

- Col Bacco recensisce.... "Sorelle d'Italia"


Titolo: Sorelle d'Italia
Compagnia: You Night'd Artistz
Di: Roberto Buffagni
Regia:Cristina Pezzoli
Con Isa Danieli, Veronica Pivetti e Alessandro Nidi
Genere: Commedia Musicale
Durata: un'ora e cinquanta minuti






Storia, teatro, comicità; ma soprattutto tanta, tanta musica. Questo, in quattro parole, è "Sorelle d'Italia", spettacolo scritto da Roberto Buffagni in occasione dei 150 anni d'unità d'Italia della nostra penisola. Ma quattro parole non bastano per definire questo calderone d'idee, valori, emozioni, questo inno al senso di patrie d'identità comune. Con simpatia, senza troppa serietà, senza drammi, "Sorelle d'Italia" ci parla di un'Italia che, se pur nelle differenze tra Nord e Sud, non può esistere che in un modo: unita.



Una visione meno femminista di quel che ci si sarebbe aspettato dal titolo; uno spettacolo leggero e simpatico che non poteva non piacere a tutti. Merito soprattutto di una spumeggiante, energica Isa Danieli, che sprizzando vitalità da tutti i pori si è conquistata la simpatia del pubblico fin dal primo momento; o di una Veronica Pivetti che è riuscita a non perdere la sua eleganza neppure nei momenti di maggiore comicità. Ma merito anche di uno spirito creativo sorprendente; un esempio per tutti, la brillante idea di interpretare "Napul'è" in dialetto milanese e "Vincenzina e la fabbrica" di Jannacci in napoletano, a dimostrazione di come le differenze fra Nord e Sud, almeno musicalmente, non siano poi così profonde come si pensa. E sebbene la delicatezza non sia il punto forte dello spettacolo, mai, malgrado parolacce e frequenti scene grottesche, si è scaduto nel volgare; piuttosto, la parlata delle attrici sembrava volersi avvicinare, il più possibile all'italiano di tutti i giorni, una lingua vivace, piena di mille sfumature di significato, di doppisensi comici, di emozione.


Veronica Pivetti e Isa Danieli, di Milano l'una e napoletana l'altra, interpretano se stesse nel ruolo di due attrici che si trovano a lavorare insieme per mettere in scena uno spettacolo sull'unificazione d'Italia. Fra una scena e l'altra, nel camerino, discutono sui rispettivi ruoli e interpretazioni; intervallo per intervallo la conflittualità fra le due cresce, finché giungono a una sfuriata in cui la "polentona" punta il dito contro la "terrona" e viceversa, rinfacciandosi eventi storici e difetti-stereotipo. La Pivetti abbandona la scena, lasciando Isa Danieli sola mentre il pubblico fuori attende; il sipario si chiude sull'attrice rimasta sola e ancora attonita con il tricolore in mano.


Unica pecca dello spettacolo, forse, un primo atto un po' troppo lungo, che mal si prestava alla dura sfida di mantenere alta l'attenzione di un pubblico facilmente portato al sonno, vuoi per l'orario, vuoi per l'aria viziata. Ma l' "errore" è stato prontamente compensato da un finale divertente e originalissimo, proiettato in un immaginario 2061 in cui le due protagoniste si rincontrano a  Roma fuggendo dalle rispettive realtà (una Milano arabizzata e una Napoli germanizzata in un'Italia ormai divisa) per rimpiangere, ormai troppo tardi, la passata unità; una conclusione, con un inno di Mameli cantato prima piano, poi via via sempre più fieramente, che ha mosso il cuore di Italiano di ogni spettatore. Una serata piacevole con uno spettacolo che invita a riflettere, ma senza eccessiva serietà e con in più un pizzico di humour, sul nostro senso di identità nazionale.


- Col Bacco

martedì 28 febbraio 2012

- Col Bacco recensisce.... "Carlo Levi, un torinese del Sud" con Ulderico Pesce e Maria Letizia Gorgia


Titolo: Carlo Levi, un torinese del Sud.
Compagnia: Centro Mediterraneo delle Arti
Di: Ulderico Pesce
Con: Ulderico Pesce e Maria Letizia Gorgia
Genere: Teatro popolare
Durata: Un'ora senza intervallo






Carlo Levi che “rapisce il paesaggio” affacciandosi alla finestra è un po' come Ulderico Pesce che ritaglia un pezzetto della nostra storia e lo intrappola nelle sue tele, inserendolo in uno spettacolo intitolato “Carlo Levi, un torinese del Sud”.
E' un paesaggio luminoso, incontaminato, verde e giallo quello che unisce i mondi di Levi e di Ulderico Pesce, innamorati dell'umiltà di questa nostra terra e dei suoi stessi abitanti. Ricordiamo bene infatti la gioia pura, lo stupore, l'ammirazione negli occhi da bambino di Frschett' , che accoglie in festa lo straniero e lo aiuta a trovare l'ispirazione per le sue opere. Quel uomo era proprio Carlo Levi, esiliato a Grassano, in seguito ad Aliano (Gagliano nel libro) .
Il primo luogo che Levi tocca é Grassano , qui viene accolto con il tipico “calore” del sud , dal giovane fanciullo Frschett' e dalla sua umile famiglia ,
L' incontro con Paola Olivetti da lui conosciuta precedentemente , lo proietta nel mondo dell'amore
molto lontano dalla tristezza dell'esilio in Lucania .
In seguito nel '43 a causa delle leggi razziali, Levi è costretto ad abbandonare la Olivetti e a trasferirsi a Firenze, dove nascosto con altri antifascisti conosce Linuccia, la figlia di Umberto Saba e con questa inizia a scrivere, accompagnati da un'inebriante passione, il “Cristo”.
Una realtà crudele e drammatica ma anche magnifica, quella della Matera negli anni '40, che affiora dalle parole della stupenda Maria Letizia Gorgia e dell'esperto Ulderico Pesce.
Attraverso la lettura di alcuni passi di “Cristo si è fermato a Eboli”, i due grandi attori ci trasmettono la drammaticità delle immagini raccontate da Levi nel suo capolavoro. Lo spettatore si immedesima e sente sulla sua pelle il calore del sole materano che attirava le mosche verso i corpi infermi dei bambini, che febbricitanti urlavano disperatamente: “Signorì, o chinin'!”.
Negli stessi anni al Nord, nonostante la presenza del Fascismo, si respirava aria di crescita e sviluppo economico. Invece, qui a Matera, un torinese scrittore e artista, dipingeva poeticamente intrappolando nelle sue tele immagini che divennero parte integrante della sua quotidianità.
Uno scenario sobrio con due seggiole in legno, dei treppiedi sparsi qua e là, tele dai magici colori e in particolare una che come in una favola prende vita durante l'opera, trasformandosi nella passionale Paola Olivetti. Le tele che girate cautamente una per volta, definiscono le scene e le realtà lucane e fanno nascere nello spettatore la voglia di scoprire ciò che è celato in esse.
L'atmosfera diventa più suggestiva grazie alle luci del mitico Vito (tecnico delle luci).
Questo spettacolo può essere racchiuso in un solo termine: humanitas (sentimenti umani), ovvero allude all'amore, non solo del proprio paese, ma anche alla conoscenza delle culture altrui.

- Col Bacco -

- Col Bacco intervista..... Gli spettatori di "Carlo Levi, un torinese d...

- Col Bacco intervista.... gli spettatori di "Cantata di ogni giorno"

sabato 28 gennaio 2012

- Col Bacco recensisce.... " Cantata di ogni giorno" di e con Giovanna Marini.

Titolo: Cantata di ogni giorno
Di Giovanna Marini
Con Giovanna Marini, voce e chitarra, Xavier Rebut, voce, Germana Mastropasqua, voce
Genere: concerto teatrale
Durata: un'ora e trenta minuti senza intervallo






Una chitarra e tre voci meravigliose, sul palcoscenico del Cine Teatro Comunale di Matera il 20 gennaio 2012. Giovanna Marini, accompagnata da Germana Mastropasqua e Xavier Rebut, delizia il pubblico cantando la storia e il mondo tutto dal punto di vista dei singoli uomini, dal punto di vista di coloro che solitamente restano in sordina, dal punto di vista delle mondine, degli operai e dei migranti dei primi anni del Novecento.
Prima dello spettacolo, nel pomeriggio, incontriamo la Marini per una chiacchierata: estremamente gentile e disponibile, ci parla del contesto in cui l’idea della ricerca di storie della quotidianità è nata. Ci racconta della sua iniziale incapacità di comprendere il valore del canto popolare, del progressivo interessamento nei confronti dell’arte espressiva della gente dovuto all’incontro con Pier Paolo Pasolini, del conseguente abbandono di quello che lei definisce il «mondo selezionato della musica» composto da personalità dall’alto potenziale artistico, ma «aride, chiuse», in favore, appunto, del mondo della musica comunitaria, popolare, portatrice di una cultura ben definita, «cultura orale ». E’ proprio alla scoperta della «cultura orale » che la Marini dedica la sua carriera, raccogliendo in giro per l’Italia i canti peculiari dell’espressione popolare, venendo così direttamente a contatto con la protagonista di quest’arte, la gente. Il prezioso tesoro di oralità viene poi portato in scena con una maestria nell’espressione tale da far apparire sul palcoscenico, accanto alla Mastropasqua e a Rebut, tutti i personaggi a cui da voce: non si tratta, infatti, di un semplice concerto, ma di un concerto teatrale. L’elemento drammatico è ben presente, nei gesti tanto quanto nelle melodie di chitarra e voci: il dolore delle parole scritte all’amico Bolliotti da Cesare Pavese al confino trasuda dagli arpeggi malinconici, dalla dolcezza afflitta dell’acuta voce della Marini, dagli sguardi mesti scambiati con le altre due voci.
Giovanna Marini ci canta anche il suo tempo vissuto nel suo ambiente, quello degli intellettuali torinesi «che voleva canzoni intelligenti », ci canta della partecipazione al Festival di Spoleto, su invito di Nanni Ricordi, nel tentativo di far conoscere e apprezzare al mondo delle accademie «tutto ‘sto bel materiale » di musica “altra”- tentativo fallito, conclusosi con l’esclamazione di una signora presente («io non ho pagato 1000lire per sentir cantare la mia donna di servizio! »), ben indicativa dell’incapacità comune di leggere nei canti del popolo l’elemento di verità che, invece, ha tanto affascinato la protagonista della serata. Sono proprio storie vere, infatti, quelle che la Marini propone: la storia della famiglia Pignato, costretta all’emigrazione in Svizzera nel ’77, la storia di Carme’, vittima dello scoppio dei pozzi di Marcinelle, in Belgio, dove aveva emigrato insieme ai cittadini tutti di Villarosa, la storia di Giannino Zibecchi, « morto andando a comprare il latte» nei tafferugli nella Milano del1975… Ma la Marini canta anche se stessa, canta uno straziante “Lamento per Pasolini”, amico e mentore e canta dell’avventura in treno per raggiungere la Calabria per la manifestazione contro Ciccio Franco.
Giovanna Marini canta la politica vista ancora una volta attraverso gli occhi del popolo, canta la critica alla politica di Giuseppe Miriello, «vecchiettino delizioso» incontrato alla Camera del Lavoro di Matera, riportando a noi le invettive a «lu mnste Colombe », al ministro Colombo, che Miriello ululava per la nostra città armato di fisarmonica.
Giovanna Marini propone un tipo di cultura assente sui libri, una cultura a torto ignorata.
Armata di un «registratorino piccolo », la Marini ha conosciuto, ha domandato, ha ascoltato la gente, ne ha conquistato la simpatia, raggiungendo quel livello di familiarità e affiatamento che sfocia poi nelle «mangiate insieme», ricordate, mentre ce ne parla, con un gran sorriso.
Questa, l’immagine che di lei più abbiamo amato. Un’ abile cantastorie pienamente cosciente del mondo da lei cantato. La versione femminile e musicale di quell’ Erodoto che venticinque secoli fa viaggiava per il Mediterraneo Orientale interrogando le genti, raccogliendo le informazioni che avrebbe poi riunito delle sue “Storie”, e che oggi costituiscono una delle più preziose fonti dirette riguardo non solo la storia, ma anche le tradizioni, i pensieri, le superstizioni e i particolari aneddotici del mondo greco. Si dichiara entusiasta del paragone. Al pari di Erodoto, Giovanna Marini ha conosciuto e studiato il mondo della gente comune, ha portato e porta in scena le storie dei singoli uomini, il colore, la verità, le voci della gente: una vera e propria etnografia musicale. Giovanna Marini canta le storie della quotidianità che incuriosisce e sorprende, canta le mille sfaccettature del reale. Canta il vissuto intriso di storia.


- Col Bacco -




martedì 24 gennaio 2012

- Col Bacco recensisce... " Maria Barbella - Dal braccio della morte alla vita"


 Titolo:  "Maria Barbella - Dal braccio della morte alla vita"
Compagnia: Compagnia Senzateatro
Attore: Francesco Evangelista
Voce fuori campo: Marianna Regina
Regia:Davide Di Prima e Adriano Nubile
Scene e luci: Adriano Nubile
Canto popolare: Domenica Lisanti
Genere: teatro di impegno
Durata: un’ora senza intervallo

Tratto da: La signora di Sing Sing – No alla pena di morte di Idanna Pucci

Maria Barbella, questo è il nome di una donna che, come tante altre, nel 1892 partì per l'America alla ricerca di un futuro. Legata alla sua famiglia di origini lucane e caratterizzata da un'indole timida e delicata, non poteva prevedere quale assurdo corso avrebbe preso la sua vita.
Francesco Evangelista, interpretando con grande maestria tutti i personaggi di questa vicenda familiare e sentimentale e prestandosi come narratore esterno, apre grandi parentesi su tematiche attuali quali la condizione di sottomissione della donna, l'emigrazione, la lontananza dalla terra d'origine, il lavoro, il valore sociale della
doxa (opinione pubblica), la giustizia. La domanda che emerge dall'opera teatrale è: fin dove ci può spingere la follia?
Può spingerci a preferire la galera a una vita contrassegnata da continue violenze e disperazione, pianti e abusi? A sacrificare la libertà pur di allontanare lo spettro di una vita umiliata e violata, equivalente disperato del raggiungimento di uno stato definibile con l'annullamento assoluto della persona, cui non rimane altro che uccidere la causa di infiniti mali, l'uomo amato, perdendo risolutamente e coscientemente la poca dignità rimasta per acquisire una fama che conduce alla totale esclusione dalla società e alla morte? Solo il potere del denaro e l'umanità di un casuale facoltosa benefattrice la possono salvare dalla sedia elettrica. Ma il suo rimane pur sempre un caso personale non emblematico, in considerazione del fatto che molte altre donne, incarcerate e condannate a morte, non furono baciate dalla sua stessa fortuna.


- Col Bacco -