sabato 28 gennaio 2012

- Col Bacco recensisce.... " Cantata di ogni giorno" di e con Giovanna Marini.

Titolo: Cantata di ogni giorno
Di Giovanna Marini
Con Giovanna Marini, voce e chitarra, Xavier Rebut, voce, Germana Mastropasqua, voce
Genere: concerto teatrale
Durata: un'ora e trenta minuti senza intervallo






Una chitarra e tre voci meravigliose, sul palcoscenico del Cine Teatro Comunale di Matera il 20 gennaio 2012. Giovanna Marini, accompagnata da Germana Mastropasqua e Xavier Rebut, delizia il pubblico cantando la storia e il mondo tutto dal punto di vista dei singoli uomini, dal punto di vista di coloro che solitamente restano in sordina, dal punto di vista delle mondine, degli operai e dei migranti dei primi anni del Novecento.
Prima dello spettacolo, nel pomeriggio, incontriamo la Marini per una chiacchierata: estremamente gentile e disponibile, ci parla del contesto in cui l’idea della ricerca di storie della quotidianità è nata. Ci racconta della sua iniziale incapacità di comprendere il valore del canto popolare, del progressivo interessamento nei confronti dell’arte espressiva della gente dovuto all’incontro con Pier Paolo Pasolini, del conseguente abbandono di quello che lei definisce il «mondo selezionato della musica» composto da personalità dall’alto potenziale artistico, ma «aride, chiuse», in favore, appunto, del mondo della musica comunitaria, popolare, portatrice di una cultura ben definita, «cultura orale ». E’ proprio alla scoperta della «cultura orale » che la Marini dedica la sua carriera, raccogliendo in giro per l’Italia i canti peculiari dell’espressione popolare, venendo così direttamente a contatto con la protagonista di quest’arte, la gente. Il prezioso tesoro di oralità viene poi portato in scena con una maestria nell’espressione tale da far apparire sul palcoscenico, accanto alla Mastropasqua e a Rebut, tutti i personaggi a cui da voce: non si tratta, infatti, di un semplice concerto, ma di un concerto teatrale. L’elemento drammatico è ben presente, nei gesti tanto quanto nelle melodie di chitarra e voci: il dolore delle parole scritte all’amico Bolliotti da Cesare Pavese al confino trasuda dagli arpeggi malinconici, dalla dolcezza afflitta dell’acuta voce della Marini, dagli sguardi mesti scambiati con le altre due voci.
Giovanna Marini ci canta anche il suo tempo vissuto nel suo ambiente, quello degli intellettuali torinesi «che voleva canzoni intelligenti », ci canta della partecipazione al Festival di Spoleto, su invito di Nanni Ricordi, nel tentativo di far conoscere e apprezzare al mondo delle accademie «tutto ‘sto bel materiale » di musica “altra”- tentativo fallito, conclusosi con l’esclamazione di una signora presente («io non ho pagato 1000lire per sentir cantare la mia donna di servizio! »), ben indicativa dell’incapacità comune di leggere nei canti del popolo l’elemento di verità che, invece, ha tanto affascinato la protagonista della serata. Sono proprio storie vere, infatti, quelle che la Marini propone: la storia della famiglia Pignato, costretta all’emigrazione in Svizzera nel ’77, la storia di Carme’, vittima dello scoppio dei pozzi di Marcinelle, in Belgio, dove aveva emigrato insieme ai cittadini tutti di Villarosa, la storia di Giannino Zibecchi, « morto andando a comprare il latte» nei tafferugli nella Milano del1975… Ma la Marini canta anche se stessa, canta uno straziante “Lamento per Pasolini”, amico e mentore e canta dell’avventura in treno per raggiungere la Calabria per la manifestazione contro Ciccio Franco.
Giovanna Marini canta la politica vista ancora una volta attraverso gli occhi del popolo, canta la critica alla politica di Giuseppe Miriello, «vecchiettino delizioso» incontrato alla Camera del Lavoro di Matera, riportando a noi le invettive a «lu mnste Colombe », al ministro Colombo, che Miriello ululava per la nostra città armato di fisarmonica.
Giovanna Marini propone un tipo di cultura assente sui libri, una cultura a torto ignorata.
Armata di un «registratorino piccolo », la Marini ha conosciuto, ha domandato, ha ascoltato la gente, ne ha conquistato la simpatia, raggiungendo quel livello di familiarità e affiatamento che sfocia poi nelle «mangiate insieme», ricordate, mentre ce ne parla, con un gran sorriso.
Questa, l’immagine che di lei più abbiamo amato. Un’ abile cantastorie pienamente cosciente del mondo da lei cantato. La versione femminile e musicale di quell’ Erodoto che venticinque secoli fa viaggiava per il Mediterraneo Orientale interrogando le genti, raccogliendo le informazioni che avrebbe poi riunito delle sue “Storie”, e che oggi costituiscono una delle più preziose fonti dirette riguardo non solo la storia, ma anche le tradizioni, i pensieri, le superstizioni e i particolari aneddotici del mondo greco. Si dichiara entusiasta del paragone. Al pari di Erodoto, Giovanna Marini ha conosciuto e studiato il mondo della gente comune, ha portato e porta in scena le storie dei singoli uomini, il colore, la verità, le voci della gente: una vera e propria etnografia musicale. Giovanna Marini canta le storie della quotidianità che incuriosisce e sorprende, canta le mille sfaccettature del reale. Canta il vissuto intriso di storia.


- Col Bacco -




martedì 24 gennaio 2012

- Col Bacco recensisce... " Maria Barbella - Dal braccio della morte alla vita"


 Titolo:  "Maria Barbella - Dal braccio della morte alla vita"
Compagnia: Compagnia Senzateatro
Attore: Francesco Evangelista
Voce fuori campo: Marianna Regina
Regia:Davide Di Prima e Adriano Nubile
Scene e luci: Adriano Nubile
Canto popolare: Domenica Lisanti
Genere: teatro di impegno
Durata: un’ora senza intervallo

Tratto da: La signora di Sing Sing – No alla pena di morte di Idanna Pucci

Maria Barbella, questo è il nome di una donna che, come tante altre, nel 1892 partì per l'America alla ricerca di un futuro. Legata alla sua famiglia di origini lucane e caratterizzata da un'indole timida e delicata, non poteva prevedere quale assurdo corso avrebbe preso la sua vita.
Francesco Evangelista, interpretando con grande maestria tutti i personaggi di questa vicenda familiare e sentimentale e prestandosi come narratore esterno, apre grandi parentesi su tematiche attuali quali la condizione di sottomissione della donna, l'emigrazione, la lontananza dalla terra d'origine, il lavoro, il valore sociale della
doxa (opinione pubblica), la giustizia. La domanda che emerge dall'opera teatrale è: fin dove ci può spingere la follia?
Può spingerci a preferire la galera a una vita contrassegnata da continue violenze e disperazione, pianti e abusi? A sacrificare la libertà pur di allontanare lo spettro di una vita umiliata e violata, equivalente disperato del raggiungimento di uno stato definibile con l'annullamento assoluto della persona, cui non rimane altro che uccidere la causa di infiniti mali, l'uomo amato, perdendo risolutamente e coscientemente la poca dignità rimasta per acquisire una fama che conduce alla totale esclusione dalla società e alla morte? Solo il potere del denaro e l'umanità di un casuale facoltosa benefattrice la possono salvare dalla sedia elettrica. Ma il suo rimane pur sempre un caso personale non emblematico, in considerazione del fatto che molte altre donne, incarcerate e condannate a morte, non furono baciate dalla sua stessa fortuna.


- Col Bacco -