Di Giovanna Marini
Con Giovanna Marini, voce e chitarra, Xavier Rebut, voce, Germana Mastropasqua, voce
Genere: concerto teatrale
Durata: un'ora e trenta minuti senza intervallo
Una chitarra e tre voci meravigliose, sul palcoscenico del Cine Teatro Comunale di Matera il 20 gennaio 2012. Giovanna Marini, accompagnata da Germana Mastropasqua e Xavier Rebut, delizia il pubblico cantando la storia e il mondo tutto dal punto di vista dei singoli uomini, dal punto di vista di coloro che solitamente restano in sordina, dal punto di vista delle mondine, degli operai e dei migranti dei primi anni del Novecento.
Prima
dello spettacolo, nel pomeriggio, incontriamo la Marini per una
chiacchierata: estremamente gentile e disponibile, ci parla del
contesto in cui l’idea della ricerca di storie della quotidianità
è nata. Ci racconta della sua iniziale incapacità di comprendere il
valore del canto popolare, del progressivo interessamento nei
confronti dell’arte espressiva della gente dovuto all’incontro
con Pier Paolo Pasolini, del conseguente abbandono di quello che lei
definisce il «mondo
selezionato della musica» composto da personalità dall’alto
potenziale artistico, ma «aride, chiuse», in favore, appunto, del
mondo della musica comunitaria, popolare, portatrice di una cultura
ben definita, «cultura orale ». E’ proprio alla scoperta della
«cultura orale » che la Marini dedica la sua carriera, raccogliendo
in giro per l’Italia i canti peculiari dell’espressione popolare,
venendo così direttamente a contatto con la protagonista di
quest’arte, la gente. Il prezioso tesoro di oralità viene poi
portato in scena con una maestria nell’espressione tale da far
apparire sul palcoscenico, accanto alla Mastropasqua e a Rebut, tutti
i personaggi a cui da voce: non si tratta, infatti, di un semplice
concerto, ma di un concerto teatrale. L’elemento drammatico è ben
presente, nei gesti tanto quanto nelle melodie di chitarra e voci: il
dolore delle parole scritte all’amico Bolliotti da Cesare Pavese al
confino trasuda dagli arpeggi malinconici, dalla dolcezza afflitta
dell’acuta voce della Marini, dagli sguardi mesti scambiati con le
altre due voci.
Giovanna
Marini ci canta anche il suo tempo vissuto nel suo ambiente, quello
degli intellettuali torinesi «che voleva canzoni intelligenti », ci
canta della partecipazione al Festival di Spoleto, su invito di Nanni
Ricordi, nel tentativo di far conoscere e apprezzare al mondo delle
accademie «tutto ‘sto bel materiale » di musica “altra”-
tentativo fallito, conclusosi con l’esclamazione di una signora
presente («io non ho pagato 1000lire per sentir cantare la mia donna
di servizio! »), ben indicativa dell’incapacità comune di leggere
nei canti del popolo l’elemento di verità che, invece, ha tanto
affascinato la protagonista della serata. Sono proprio storie vere,
infatti, quelle che la Marini propone: la storia della famiglia
Pignato, costretta all’emigrazione in Svizzera nel ’77, la storia
di Carme’, vittima dello scoppio dei pozzi di Marcinelle, in
Belgio, dove aveva emigrato insieme ai cittadini tutti di Villarosa,
la storia di Giannino Zibecchi, « morto andando a comprare il latte»
nei tafferugli nella Milano del1975… Ma la Marini canta anche se
stessa, canta uno straziante “Lamento per Pasolini”, amico e
mentore e canta dell’avventura in treno per raggiungere la Calabria
per la manifestazione contro Ciccio Franco.
Giovanna Marini canta la politica vista ancora una
volta attraverso gli occhi del popolo, canta la critica alla politica
di Giuseppe Miriello, «vecchiettino delizioso» incontrato alla
Camera del Lavoro di Matera, riportando a noi le invettive a «lu
mnste Colombe », al ministro Colombo, che Miriello ululava per la
nostra città armato di fisarmonica.
Giovanna
Marini propone un tipo di cultura assente sui libri, una cultura a
torto ignorata.
Armata di un
«registratorino piccolo », la Marini ha conosciuto, ha domandato,
ha ascoltato la gente, ne ha conquistato la simpatia, raggiungendo
quel livello di familiarità e affiatamento che sfocia poi nelle
«mangiate insieme», ricordate, mentre ce ne parla, con un gran
sorriso.
Questa,
l’immagine che di lei più abbiamo amato. Un’ abile cantastorie
pienamente cosciente del mondo da lei cantato. La versione femminile
e musicale di quell’ Erodoto che venticinque secoli fa viaggiava
per il Mediterraneo Orientale interrogando le genti, raccogliendo le
informazioni che avrebbe poi riunito delle sue “Storie”, e che
oggi costituiscono una delle più preziose fonti dirette riguardo non
solo la storia, ma anche le tradizioni, i pensieri, le superstizioni
e i particolari aneddotici del mondo greco. Si dichiara entusiasta
del paragone. Al pari di Erodoto, Giovanna Marini ha conosciuto e
studiato il mondo della gente comune, ha portato e porta in scena le
storie dei singoli uomini, il colore, la verità, le voci della
gente: una vera e propria etnografia musicale. Giovanna Marini canta
le storie della quotidianità che incuriosisce e sorprende, canta le
mille sfaccettature del reale. Canta il vissuto intriso di storia.
- Col Bacco -