Compagnia: Centro Mediterraneo delle Arti
Di: Ulderico Pesce
Con: Ulderico Pesce e Maria Letizia Gorgia
Genere: Teatro popolare
Durata: Un'ora senza intervallo
Carlo Levi che “rapisce il paesaggio” affacciandosi alla finestra è un po' come Ulderico Pesce che ritaglia un pezzetto della nostra storia e lo intrappola nelle sue tele, inserendolo in uno spettacolo intitolato “Carlo Levi, un torinese del Sud”.
E' un paesaggio luminoso,
incontaminato, verde e giallo quello che unisce i mondi di Levi e di
Ulderico Pesce, innamorati dell'umiltà di questa nostra terra e dei
suoi stessi abitanti. Ricordiamo bene infatti la gioia pura, lo
stupore, l'ammirazione negli occhi da bambino di Frschett' , che
accoglie in festa lo straniero e lo aiuta a trovare l'ispirazione per
le sue opere. Quel uomo era proprio Carlo Levi, esiliato a Grassano,
in seguito ad Aliano (Gagliano nel libro) .
Il primo luogo che Levi tocca é
Grassano , qui viene accolto con il tipico “calore” del sud , dal
giovane fanciullo Frschett' e dalla sua umile famiglia ,
L' incontro con Paola Olivetti da lui
conosciuta precedentemente , lo proietta nel mondo dell'amore
molto lontano dalla tristezza
dell'esilio in Lucania .
In seguito nel '43 a causa delle leggi
razziali, Levi è costretto ad abbandonare la Olivetti e a
trasferirsi a Firenze, dove nascosto con altri antifascisti conosce
Linuccia, la figlia di Umberto Saba e con questa inizia a scrivere,
accompagnati da un'inebriante passione, il “Cristo”.
Una realtà crudele e drammatica ma
anche magnifica, quella della Matera negli anni '40, che affiora
dalle parole della stupenda Maria Letizia Gorgia e dell'esperto
Ulderico Pesce.
Attraverso la lettura di alcuni passi
di “Cristo si è fermato a Eboli”, i due grandi attori ci
trasmettono la drammaticità delle immagini raccontate da Levi nel
suo capolavoro. Lo spettatore si immedesima e sente sulla sua pelle
il calore del sole materano che attirava le mosche verso i corpi
infermi dei bambini, che febbricitanti urlavano disperatamente:
“Signorì, o chinin'!”.
Negli stessi anni al Nord, nonostante
la presenza del Fascismo, si respirava aria di crescita e sviluppo
economico. Invece, qui a Matera, un torinese scrittore e artista,
dipingeva poeticamente intrappolando nelle sue tele immagini che
divennero parte integrante della sua quotidianità.
Uno scenario sobrio con due seggiole in
legno, dei treppiedi sparsi qua e là, tele dai magici colori e in
particolare una che come in una favola prende vita durante l'opera,
trasformandosi nella passionale Paola Olivetti. Le tele che girate
cautamente una per volta, definiscono le scene e le realtà lucane e
fanno nascere nello spettatore la voglia di scoprire ciò che è
celato in esse.
L'atmosfera diventa più suggestiva
grazie alle luci del mitico Vito (tecnico delle luci).
Questo spettacolo può essere racchiuso
in un solo termine: humanitas
(sentimenti
umani), ovvero allude all'amore, non solo del proprio paese, ma anche
alla conoscenza delle culture altrui.
- Col Bacco -